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Sagra
delle 
fragole 
e dei
lamponi

 

Attimis, la terra dei Castelli

Attimis, adagiato sulle sponde del Torrente Malina per moltissimo tempo fu distinto in due zone: destra e sinistra del Malina, Attimis di qua e di là. Attimis di qua comprendeva i borghi Centa, Pecolle (o del castello), Villa, Pocis, Gravis. Attimis di là invece i borghi di sopra e di sotto e i casali Dèans. Oggi, ospita la sede municipale e il Museo Archeologico Medioevale e sotto il profilo economico superata la tradizionale economia agricola si è progressivamente sviluppata un’attiva zona industriale.

Oltre ai complessi castellani, sono suggestive le architetture di Villa Strassoldo con annesso l’oratorio di San Giuseppe, costruita dai conti Attimis dell’Orso nel XVII secolo e divenuta possesso degli Strassoldo di Soffumbergo nel XIX secolo ed il Mulino Medioevale dei Conti d’Attimis. 

Dopo il ‘500 i conti d’Attems dell’Orso abbandonarono il Castelvecchio poichè desideravano una residenza più comoda e perché il fortilizio era oramai inefficace. Si trasferirono dunque in località Pecol, dove si può tuttora vedere il palazzo che da luogo fortificato diventò nei primi anni del ‘700 palazzo residenziale, ammirato fino al 1944, quando fu incendiato assieme al paese dai nazifascisti. Oggi, nel suo ampio cortile si svolge ogni estate la “Festa delle Fragole e dei Lamponi” per celebrare i frutti di bosco delle Vallate del Malina.

Dal nome di Attimis (Attems) presero il cognome i rami dei signori che vissero nei castelli di proprietà patriarcale. Il più antico è il Castello Superiore o Castelvecchio. Il primo documento relativo al maniero risale al XII secolo. Bertoldus Episcopous, proprietario del castello e figlio del principe bavarese Purcardo di Mosburg, nel 1106 dona alla nipote Matilde e a suo marito Corrado il castello con tutto ciò che gli apparteneva. E’ fuori dubbio, quindi l’origine tedesca. Più recente è il Castello Inferiore, o Nuovo la sua costruzione risale alla metà del XIII secolo. Non è chiaro chi fosse il primo signore del castello ma, alla fine del ‘200, compare un certo Purzitto d’Attems che giura fedeltà al patriarca di Aquileia. Sono tuttora visibili i resti di una centa e di una torretta semicircolare che sporgeva dal perimetro e parte della torre-mastio.

Dopo il ‘500 i conti d’Attems dell’Orso abbandonarono il Castelvecchio poichè desideravano una residenza più comoda e perché il fortilizio era oramai inefficace. Si trasferirono dunque in località Pecol, dove si può tuttora vedere il palazzo che da luogo fortificato diventò nei primi anni del ‘700 palazzo residenziale, ammirato fino al 1944, quando fu incendiato assieme al paese dai nazifascisti. Oggi, nel suo ampio cortile si svolge ogni estate la “Festa delle Fragole e dei Lamponi” per celebrare i frutti di bosco delle Vallate del Malina.

Nel 1420 il castello, insieme a quello superiore, viene consegnato alla Serenissima Repubblica di Venezia. La presenza di un castello superiore e di uno inferiore fa pensare alla suddivisione dei beni conseguente a contrasti sorti fra i nobili di Attems; oppure alla necessità di un ulteriore punto strategico di controllo. Il complesso edilizio del Castello di Partistagno, in località Borgo Faris, è poi ritenuto una dei più suggestivi ed attraenti luoghi fortificati medievali del Friuli. Costruito intorno all'anno Mille, fu inizialmente proprietà dei conti d'Attems e, a seguito, dei signori di Faedis, dal 1273 è nelle mani dei nobili Cuccagna di Partistagno. Il castello subì una distruzione nel 1239 per ordine di Federico II di Germania, altra distruzione venne registrata nel 1381, nell’ambito delle lotte tra signori cividalesi e udinesi. Nel 1521 il castello di Partistagno fu abbandonato e inizia così la sua lenta rovina. Sopravvive il nucleo originario sommatale costituito dalla “casa torre”, dalla cappella nobiliare (con affreschi della seconda metà del ‘300), dalla cisterna e dal corpo di fabbrica occidentale; inoltre, fra le strutture della cerchia inferiore svetta il trecentesco (la data di costruzione è incerta) palatium, munito di eleganti bifore e sviluppato su tre piani. Oggi il maniero è ritornato al suo antico splendore grazie a ingenti risorse investite per il suo completo recupero.

Situate su alture sono anche la pieve di San Giorgio o della “Madone d’Aiut” (Ausiliatrice) il cui edificio attuale risale ad una costruzione pseudo-romanica, ma fu realizzato sui resti di un’antica chiesa nei pressi di una torre d’osservazione dei conti Attems. I recenti scavi archeologici hanno rilevato l’esistenza di un importantissimo insediamento occupato dai Goti nel corso della prima della prima metà del sesto secolo d.c. immediatamente prima della calata dei longobardi. L’insediamento fungeva da presidio con lo scopo di controllare la strada che da Cividale del Friuli era diretta a Tarcento e quindi portava al norico. Altri insediamenti del genere non sono ora attestati in Italia settentrionale salvo quelli del Monte Barro in provincia di Lecco (Lombardia). Sopra un poggio dominate il capoluogo si trova anche la chiesetta di San Rocco. L’edificio attuale risale al Cinquecento e custodisce al suo interno una statuetta lignea di San Rocco. Il 16 agosto di ogni anno è meta di pellegrinaggio da parte della popolazione di Forame e del capoluogo in ricordo della calamità del 1855.

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